Come possiamo crescere un figlio, se non sappiamo neanche fare la spesa? A mangiare bene si può imparare
Non spesso quanto vorrei, ma a volte mi capita di doverla fare.
E lo stare in fila alla cassa è noioso.
Così passo il tempo a guardare cosa contengano i carrelli degli altri, e, vi confesso, è un momento di grandi riflessioni.
Ciò che vedo riesce, non di rado, a stupirmi.
Noto spesso una grande quantità di alimenti precotti, pronti per essere infilati nel microonde.
Cavolo, ma davvero è così lungo complicato preparare un pasto sano e buono?
A me non sembra, e non sono uno che lavora poco e ha tanto tempo per baloccarsi in cucina.
Tuttavia, scaccio come la peste tutto ciò che è ” pronto”.
No, non è un atteggiamento snob come potreste subito pensare.
Certo, non ho una famiglia numerosa da mettere a tavola, anche se mia moglie, vi assicuro, non è una commensale troppo facile, pronta a criticare anche la minima “caduta” gastronomica.
Per non parlare del mio cane, che rifiuta i croccantini e mangia solo bio.
Ma è anche vero che cucinare per due o per sei persone ci si impiega più o meno lo stesso tempo.
Le considerazioni che mi vengono in mente sono parecchie.
La prima riguarda i bambini.
Si lo so, è un discorso vecchio e non sono il primo a farlo, tuttavia, come dicevano gli antichi, repetita iuvant, quindi, mi avvalgo della facoltà di ripetere.
Credo che a mangiare si impari.
E perché non evitare di crescere un figlio rincoglionito, insegnandogli a mangiare, a fare la spesa, a riconoscere ed apprezzare gli alimenti invece di ingozzarlo con insulse merendine di dubbia qualità?
E certo, direte voi, fosse facile!! Cazzo, certo che non è facile!
Neppure insegnare ai propri figli il rispetto per gli altri, l’educazione, l’ amore per lo studio e tutto quello che è patrimonio familiare e che va tramandato quale bene sociale e personale, è facile.
Però va fatto.
A mangiare bene si può imparare, basta che qualcuno ce lo insegni.
Lo si fa cucinando, creando sapori personali e non omologati come lo sono quelli dei i piatti pronti della grande distribuzione.
E siccome pare che oggi io sia in vena di citazioni, oltre che di polemica, vi dico anche un altro dettaglio a cui credo molto e che dice “La conoscenza fa la differenza”.
Insegnare ai bambini a cucinare, passare del tempo con loro in cucina, sarà loro di grande aiuto da adulti, gli darà una possibilità che non a tutti è data: quella di scegliere basandosi sulla conoscenza.
Viviamo nel paese più bello del mondo, un paese ricco di tutto.
Abbiamo montagne alte, mare meraviglioso, dolci colline e proprio grazie alla morfologia di questo posto, dove ci è capitato di nascere, abbiamo anche il cibo più buono e vario del mondo.
Non siamo noi a dirlo, o almeno non solo noi.
Ce lo dimostra il resto del pianeta che cerca di imitare, ovviamente senza risultati apprezzabili, tutte le nostre eccellenze.
E se eccellenza è senza dubbio la materia prima che abbiamo, eccellenza è anche la capacità di trasformazione, è la nostra cultura del cibo.
Un patrimonio culturale immenso e peculiare, parcellizzato nelle varie regioni che formano questa penisola e che ne tracciano il profilo gastronomico.
Concorrono, ciascuna a modo proprio a creare quella che è la nostra forza: l’ identità culturale della nostra alimentazione.
È un patrimonio da conservare con cura, ciò che costituisce la nostra particolarità, da trasmettere a chi verrà dopo di noi e che, a mio avviso, ha la stessa dignità degli altri beni culturali di cui siamo così ricchi.
Il cibo è elemento di distinzione ed ha un valore comunicativo di grande importanza, così come la convivialità e l’ ospitalità, altre caratteristiche di ogni famiglia italiana.
Perché è la nostra buona cucina, fatta degli ottimi prodotti, che ci identifica, ci distingue ed è il mezzo attraverso la quale ci offriamo al mondo.